Pittore e scultore, nel corso degli anni ha riscosso notevole successo
Tra i figli del Sannio approdati alla notorietà nazionale nel non facile campo dell’arte, uno dei giovani più eclettici e dotati è senza dubbio Giovanni Mancini. Pittore di ottimo talento e scultore dal deciso rigore creativo,…deve la sua maturazione agli studi del Liceo Artistico di Benevento e, in seguito, al corso di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Da dieci anni è docente di Tecniche e tecnologie delle arenarie e dei materiali sintetici presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Si considera tanto pittore che scultore in quanto esse sono per lui “affini: la pittura è la parte ideativa propedeutica della scultura”.
Molto sensibile ai problemi come la pace e l’ecologia, nelle sue opere traspare sempre un messaggio, un monito, un invito a correre ai ripari, a salvare il salvabile. Non a caso fra le sue sculture più apprezzate vi sono alcuni “totem” che pur ricordando gli idoli di un tempo richiamano l’idea della croce e due grossi “uccelli ecologici” che portano con la mente in quei luoghi dove vengono trovati, privi di vita, vittime della “macchina inquinante”. Per Mancini l’arte deve contribuire allo sviluppo sociale, deve avere una funzione didattica per l’uomo che deve impegnarsi a risolvere i grandi problemi che lo affliggono: pace, ecologia, fame, droga e Aids.
Per avere un quadro più completo di questo artista siamo stati nella sua bottega-laboratorio, due stanze attigue che si affacciano sulla Piazza San Filippo. Nella prima – adibita ad esposizione delle opere – vi sono una serie di ritratti in gesso e una miriade di sculture in resina, legno, bronzo, terracotta ed altri materiali. Nella seconda vi è una vera e propria “fucina” – come egli la definisce – con tanto di saldatrice , cannelli a gas, seghe e tutta una serie di attrezzi per lavorare il metallo,la pietra e anche il legno. “Non sono legato ad un solo materiale – ci ha spiegato – perché ognuno di essi ha una propria sensibilità, ognuno dà emozioni diverse e, quindi, ogni scultura va realizzata con quello che ritengo più espressivo, più comunicativo, più capace di trasmettere il mio messaggio”. Lo osserviamo mentre ricava delle forme da alcune lamiere, materiali semplici, ma capacissimi di dare l’esatta misura delle enormi possibilità dell’artista, del suo estro, della sua imprevedibilità.
“Questi materiali e questi oggetti meccanici – ci informa – non sono comuni <>, ma oggetti a me realmente appartenuti e che riuso dandogli una connotazione diversa”…Sulla scultura di Mancini il critico Mario Maiorino afferma: “…per una scultura che voglia dare ancora un senso totale alla sua stessa vita, non v’è scampo ch’essa indugi in diversità; diversità che può essere anche morte della scultura stessa. Ebbene, la scultura, contrariamente a quanto possa credersi, rimane tale solo se è vita. E la scultura di Mancini, per mestiere, per pratica e cultura, è vita; la vita di sempre, quella che si ripete e si rigenera anche nella morte, che anch’essa è vita, quando la si prefigura nel ciclo della rigenerazione”.
Sandro Tacinelli
IL SANNIO QUOTIDIANO, pag. 6, novembre 1987