Ho incontrato Giovanni Mancini circa vent’anni fa perché marito di Caterina. Garbato, gentile, sempre disponibile, a poco a poco, si è svelato, ma sempre in maniera discreta, con il suo vero carattere. Abbiamo conosciuto allora un uomo dalla forte personalità, operoso, instancabile, energico, con una vasta cultura, una volontà ferrea, un desiderio di fare, di trasmettere, una grande generosità, un maestro; perché Giovanni Mancini è stato innanzitutto un maestro, un maestro di vita, per i suoi allievi, per la famiglia, per gli amici e per quanti ha incontrato sulla sua strada.
Artista, maestro, storico, Gianni ha trascorso la sua vita dividendosi fra la passione per l’arte, la dedizione all’insegnamento e l’amore per la sua terra.
Artista sensibile ha sperimentato ogni tipo di tecniche e di materiali, lui piccolo ma grande dentro, per misurare la sua forza interiore. Scultore, incisore, restauratore, pittore, profondo conoscitore di tecniche e materiali, fotografo, la sua curiosità, il suo desiderio di indagare in ogni campo è stato accompagnato da una profonda cultura storica e storico artistica.
Professore presso le Accademie di Roma, Napoli, Frosinone, Catanzaro, docente di scultura e di restauro, ancora, negli ultimi tempi, quando già le forze lo stavano abbandonando, ritrovava il sorriso quando giungeva in aula e incontrava i suoi studenti. E’ stato un maestro nel senso profondo del termine perché ha sempre donato con generosità il suo sapere, la sua scienza, le sue esperienze, cosa rara nel mondo odierno, lasciando una traccia profonda in tanti che hanno avuto la sorte di averlo come professore.
Legato ai suoi luoghi di nascita, animato sin dalla prima infanzia da un desiderio di conoscenza e da una innata sensibilità, indaga, dapprima con curiosità e poi con sempre maggior perizia, le vicende del territorio e diventa con gli anni un profondo conoscitore della storia della sua terra, delle tradizioni e della forte religiosità che connota questo territorio. L’ amore per la sua città e la sua gente lo hanno spinto a dedicare gran parte delle sue energie e competenze al ricco patrimonio culturale di Guardia e lo hanno reso un custode attento della memoria culturale della sua terra, paladino a volte scomodo, voce dissenziente nella opacità generale. Fin da giovanissimo si è adoperato per proteggere un patrimonio in dispersione, per l’incuria e la cecità delle amministrazioni. La salvaguardia e la conservazione sono divenute per Gianni un obiettivo prioritario.
Le sue molteplici attività, la sua predisposizione alla didattica, l’amore per i giovani, la dedizione al territorio sfociano, si può dire naturalmente, nel grande progetto della sua vita, la Domus Mata, Museo delle arti e delle tradizioni attive. Polo culturale, la fondazione è l’ultimo dono alla sua città che speriamo sappia apprezzarlo e proteggerlo come si conviene. Nella Domus Mata si compendiano le sue esperienze di scultore e restauratore, di conoscitore della storia locale, di divulgatore e promotore dell’arte antica e contemporanea. Lo storico palazzo gentilizio, restaurato sapientemente dallo stesso Mancini, con la stretta collaborazione della sua famiglia, è il risultato di un grande progetto, frutto di una visione ampia, omnicomprensiva, che avrebbe dovuto costituire un polo artistico e culturale per i giovani, per gli artisti, per il territorio, un luogo non solo espositivo, ma centro di attività culturali rivolte principalmente alle nuove generazioni a cui Gianni ha dedicato sempre grande impegno ed attenzione. I corsi di fotografia e i laboratori nelle scuole avevano già avuto come obiettivo non solo la promozione delle arti ma principalmente la formazione giovanile, ora sarebbero divenute una delle tante attività culturali rivolte al territorio come le mostre e gli eventi organizzati e da organizzare.
Il recupero dell’edificio, la sistemazione del giardino e le finalità dell’associazione hanno una notevole valenza culturale e simbolica e costituiscono un lascito materiale e morale alla città di Guardia Sanframondi. Il palazzo, appartenuto alla famiglia Piccirillo, è situato al confine del centro antico, ricchissimo di testimonianze dell’illustre passato, ma, per la maggior parte, in stato di abbandono e incuria o oggetto di rifacimenti non sempre ortodossi. Il sapiente restauro di palazzo Piccirilli resta invece alla città come testimonianza d’amore da parte di un suo concittadino, ma anche come un modello di recupero sapiente che ha saputo coniugare rispetto e salvaguardia restituendo, non solo allo sguardo, ma anche alla fruizione, un angolo molto bello del centro storico.
Il grande matitone, ultimo dono alla città tanto amata, resta simbolo della sua arte e della sua maestria, del suo impegno civile e monito ai concittadini, invito a guardare in alto, a librarsi oltre le pastoie quotidiane, orgogliosi e responsabili eredi di una storia illustre di cui Gianni si sentiva consapevole erede ed instancabile difensore.
Gabriella Spizzuoco